L'Editto napoleonico del 1811 imponeva a tutti I comuni la formazione di un
Camposanto al di fuori del centro abitato in modo che I miasmi potessero
disperdersi nell'aria senza recar danno alia popolazione. Nel nostro comune
il cimitero fu progettato dall'ing. Mennella nell'anno 1818 da realizzarsi
nel sito di Aia delle forche, ma di tale progetto considerato anche I'eccessivo
costo, 1300 ducati circa, non ci fu mai la reale intenzione di costruirlo.
Prima delia disposizione napoleonica i cadaveri venivano inumati divisi
per sesso, e per ceto socia Ie nelle chiese, grandi fosse che periodicamente
dovevano essere espurgate gildone ne aveva molte nella chiesa di San Sabino
una molto antica, in disuso,chiamato il Cimitero vecchio, sita nella zona
detta il fossa di Pilato. Un'altra sepoltura era situata ai margini dell'attuale
piazza e una grande croce in pietra con motivi cimiteriali a bassorilievo
ne indicava la data di aperture: 1608. Questa sepoltura era stracolma
al punto tale che I gas generati dai cadaveri sollevavano il coperchio
e si spandevano nell'aria ammorbandola. Le sepolture delia chiesa di San
Sabino non erano in migliori condizioni,inoltre la fabbrica era bassa
e stretta e per rendere I'aria meno nociva il Sagrestano vi accendeve
il fuoco per provocare il fumo purificatore. Oggi di esse non se ne conserva
traccia. Sicuramente furono riempite con sfabbricatura durante la costruzione
della nuova chiesa nell'anno 1923. Per inIlziare la sistemazione definitiva
dei trapassati bisogna giungere al 1859, anno in cui la buona volonta
del cappellano di San Martino, Sabino Speranza, e delle famiglie di Lillo
e Germano che offrirono il terreno, permise la realizzazione del Cimitero
nell'attuale sito. Il primo atto formale del comune di Gildone in merito
alla formazione del Camposanto si ebbe il 28 giugno 1832 a firma del sindaco
Gaetano Speranza. Il Comune non poteva assolutamente permettersi di altri
prestiti perche già debitore di 2.000 ducati a cui se ne assumevano altri
350 delia precedente Amministrazione. Si penso a un podere dei fratelli
don Antonio e don Michelangelo Perrotti gia dotato di una cappella, Santa
Maria di Costantinopoli, oggi San Nicola. I due fratelli, contattati,
si dichiararono disponibili a cedere il fonda a condizione che venissero
compensati con equivalenti estensioni di terreno Su sollecitazione del
Consiglio il sindaco Gaetano Speranza, il 15 aprile 1832, porto in Decurionato
il progetto di permuta per farne deliberazione. Il Decurionato si dichiara
d'accordo e dispose una verifica dei fondi e delle fabbriche per mezzo
di Francesco del Balso di Michele, perito argimensore, e di Feliciano
Jamartino di Arcangelo, perito muratore, che il16 aprile 1832 si recarono
sui fondi per determinarne I'apprezzo. AIl'lntendente giunsero due ricorsi
uno a firma di don Giovanni Lepore, don Matteo Jafanti, don Domenico di
Gregorio d'Elia, Domenico Farinacci di Antonio, Nicola Farinacci, Nicola
Vitale di Filippo, don Michelangelo di Chicchio; Nicola d'Amico, Giacomo
e Feliciano Farinacci; il secondo ricorso a firma di Michele Tartaglia,
risultato poi anonimo perche il Tartaglia, all'epoca, era gia morto da
due anni. Sicuramente dietro tale nome si celava I'altro notabile e proprietario
del paese sempre attivo nelle dispute giudiziarie del tempo: il dottor
fisico don Michele Ziccardi. Appurate Ie accuse mosse contro di loro dai
suddetti benestanti "cittadini particolari", donn'Antonio e don Michelangelo
recedettero dal contratto facendo conoscere agli interessati che non intendevano,
ne piu potevano trattare la permuta perche da mesi avevano disposto diversarnente
dei lori fondi. l'ing Giuseppe Gigli, su incarico del Consiglio d'intendenza,
come alternativa al fondo Perrotti, propose il sito di Piana delle Cerrete,
un tratto di territorio dalla superficie di palmi 450 per 200 circa che
'incontra a sinistra quando da Campobasso si giunge al punto in cui si
scopre Gildone percorrendo mulattiera. Verso tale proposta il Decurionato
si espresse negativamente perche il Camposanto sarebbe venuto sulla strada
piu frequentata del tenimento.
Il 3 giugno 1838, sollecitato dall'intendente ,il sindaco Giuseppe Mendozzi
riunisce il Decurionato e la commissione sanitaria riproponendo come sito
ove formarsi il Camposanto. Il parroco don Domenicantonio del Vasto, intervenendo
nella riunione in qualita di membra componente la Commissione Sanitaria,
verbalmente e anche a nome di tutto il Reverendo Clero di Gildone, offre
gratuitamente parte delle venti tomole di terreno che la Cappella di Santa
Maria delle Grazie aveva avuto in lascito da Stanislao Speranza nella
zona di piana Ramunno attigua alla Cappella Il Decurionato prese atto
di questa offerta e, considerati gli enormi vantaggi che ne derivavano
alle casse del comune delibera di accettare la proposta dell'arciprete
del Vasto dando, nella stessa seduta, I'incarico al decurione Francesco
del Balso, esperto di fabbriche, di approntare il progetto di costruzione.
Mentre tutto sembrava concludersi per il meglio, Angelantonia Papa, vedova
di Stanislao Speranza e usufruttuaria dei terreni che il defunto marito
aveva donato alia Cappella di Santa Maria delle Grazie, ricorre all'intendente
esposendo che il fonda non è idoneo perche non conforme al Regio
Decreto citato: è Acquoso, e sottoposto ai venti boreali che spirano
verso il Paese, è a piccola distanza dall'abitato. Concludeva esposto
dicendo che "Ia Comune di Gildone è circondata da tanti fondi
comunaIl e particolari più idonei per la costruzione del Camposanto
secondo le regole delia legge". A tal proposito indica Il fondo comunale
del Cerreto. L'lntelidente affida a Francesco Palmieri la verifica di
quanto esposto dalla vedova di Stanislao Speranza. L'lngegnere si reca
sul luogo col Sindaco, I Decurioni, Medico locale e Il Deputato sanitario,
fa scavare una fossa profonda quattro palmi nel punto piu alto di piana
Ramunno e, nonostante la gran siccita, era a luglio, I'argilla presentva
trasudamento di acqua il Palmieri giustifica Ie ragioni addotte da Angelantonia
Papa e, concludento, che non essendo idoneo il fondo del Cerreto a causa
delle sorgive non resta che realizzare il progetto del 1818 su Aia delle
Forche, superiomente alia strada, perchè terra sciuttissima e a
giusta distanza dal Paese. E proprio questo che il sindaco Mendozzi non
voleva fare perche sarebbe costato alla comunita di Gildone Ducati 1288.42,
sornma di cui non poteva assolutamente farsi ca rico. Il 13 settembre
1938 il sindaco Giuseppe Mendozzi comunica all'intendente che riesce a
reperire i fondi necessari per fronteggiare la costruzione del Camposanto.
E propone ad uso di sepoltura il locale delia chiesa diruta esistente
fra Ie rovine del soppresso monastero dei PP AA previa la necessaria restaurazione.
Fu incaricato delia perizia il Mo muratare Francesco del Balzo fu Michele
il locale era molta ampio, misurava palmi 40 per 40, aveva bisogno di
cancello di pietre ed Itro materiale caduto col terremoto, rifazione di
canne 10 di recinto mancante fino all'altezza di palmi 11 richiesti dalla
legge, il tutto con una spesa complessiva di ducati 62 Tale progetto,
però fu accantonato anche come sepoltura provvisoria perchè
troppo distante dall’'abitato (1 miglio e 1 quarto).
Dopo diverse ricerche, pressato dalle autorità sanitarie del circondario
e dall'lntendente, il comune fu costretto a prendere in seria considerazione
il progetto del 1818 sul sito d'Aia delle forche, un fondo di Michele
Perrotti, superiormente alla strada del paese, vicino ad un limite della
tenuta comunale del Cerreto .ln data 11/8/1839, sindaco Giuseppe Mendozzi,
delibera tale scelta utilizzando per un primo finanziamento dell'opera,
su consenso del clero, la somma che il comune annualmente destinava al
predicatore quaresima ammontante per I'anno 1840 a ducati 24 e quella
che si poteva ricavare dalla vendita di 100 canne di legna del bosco comunale
di S. Andrea. Viene incaricato di redigere la perizia il muratore Francesco
del Balso. Nella prima subasta I'appalto viene aggiudicato al muratore
Antonio Vecchiullo per carlini 24,5 per ogni canna di fabbricato. L' 11/
7./1840, non essendo decorsi ancora i termini per la chiusura della gara,
il muratore Nicolangelo Speranza scrive al Sindaco offrendo un ribasso
di grana 24. Viene dunque organizzata una seconda subasta in grado di
decima che viene aggiudicata al suddetto che si uniforma a tutti i patti
e condizioni sottoscritte dal Vecchiullo e indica come fideiussore Ferdinando
Virgilio muratore e proprietario. Su richiesta dell'arciprete don Domenicantonio
del Vasto, tramite approvazione dell'lntendenza, il Sindaco don Nicodemo
del Vasto convoca il Decurionato e delibera l'acquisto di altre due misure
di terreno in modo da costruire, fuori dalle mura di cinta un altro ricovero
per dare sepoltura alle spoglie di coloro che muoiono senza battesimo,
o di aliena religione o di coloro che morissero indegni per essersi”
sconsigliati” Lo stato dei lavori, fatto verificare Il 20-2-1842
dai periti muratori Severino Riccelli e Michele Ricciardi con I'assistenza
dei deputati alle OOPP Sabino Mandato e Domenico Luciano, non andava oltre
la costruzione di un muro della lunghezza di palmi 458, largo palmi tre
e profondo palmi 4.5, corrispondenti a canne 44. Il tutto ammontante a
un valore complessivo di ducati 100. Il 12 maggio 1844 Il sindaco Giuseppe
D'Elia avanza la proposta di aprire una sepoltura provvisoria nella chiesa
campestre di S. Martino e, nello stesso consenso, si discute di una lettera
del sacerdote don Pasquale Speranza all'lntendente conte Gaetani. Lo Speranza
rivendica, per i Sacerdoti della sua famiglia, un diritto padronale risalente
a uno strumento del 1709 stipulato tra il cardinale Orsini e il sacerdote
don Martino Speranza. Chiede, pertanto, il rispetto del Concordato suggerendo,
vista I'impossibilita di trovare una soluzione, acconsenti alla costruzione
di una fossa nel recinto della cappella rurale di S. Maria di Costantinopoli
oggi San Nicola da utilizzare come momentanea sepoltura in pendenza della
costruzione del cimitero definitivo su Aia delle forche. Per dar corso
a quanta disposto, i muratori Francesco del Balso fu Michele e Crescenzo
di Lillo, su richiesta del Sindaco Giuseppe D'Elia, effettuarono una perizia
sui lavori da farsi nel recinto delia cappella. La fossa avrebbe dovuto
avere Ie seguenti misure. larghezza palmi 15, lunghezza palmi 19 e altezza
palmi 13. Per tale lavoro il costo sarebbe ammontato a Ducati 66 e grani
80. L'Amministrazione, mancando come al solito di mezzi chiese all'lntendente
I'accensione di un mutuo necessario per la suddetta opera. I soldi, anticipati
dalla cassa provinciale, sarebbero stati depositati nelle mani dell'Arciprete
e I'estinzione del mutuo sarebbe avvenuta con la vendita di legnarne del
bosco di Quadrano. Trascorse piu di un anno, ma I'atto formale dell'autorizzazione
si faceva ancora attendere.
Dietro minaccia del parroco arciprete Giuseppe Farinaccio di far tumulare
I cadaveri in aperta campagna, l'ing Gigli approva il progetto dei lavori,
ma rimanda una tale questione alle sedi decisionali competenti. La lentezza
e la cecita della burocrazia si giunge a marzo del 1845 senza che Ie autorita
superiori si disimpegnassero in deroga alla legge che proibiva Ie sepolture
nelle chiese. lntanto imperversava I'epidemia del vaiolo arabo, la cui
ferocità menava a morte piu ragazzi al giorno e che.dovevano essere
seppelliti in luogo non sacro. Il Sindaco Giuseppe D'Elia, affinche si
procedesse in modo celere all'assegnazione dell'appalto, fu autorizzato
a procedere alle gare di Appalto dando corso ad un solo incanto amministrativo.
L'appalto fu assegnato per ducati 50 ai muratori Crescenzo di Lillo, Alfonso
Virgilio e Antonio Vecchiullo, garante Il muratore Ferdinando Virgilio.
L'opera doveva esere eseguita nel tempo di due mesi. Nel corso dei lavori,
dopo lo scavo si dovette procedere alla costruzione di acquedotti sotterranei
per scaricare verso il torrente S. Nicola I'acqua che sorgeva sotto la
chiesa. Ciò determinò un aumento della spesa di Ducati 38
e una serie di ostacoli non previsti. Nacque pertanto, davanti al giudice
di pace di Jelsi un contenzioso tra il Sindaco e i muratori per il quali,
causa delia sospensione dei lavori, si chiedevano gli arresti personali.
La fossa fu approntata nel periodo marzo aprile 1846. Già, pero,
il 4 novembre delia stesso anno, il Parroco don Domenicantonio del Vasto
chiedeva la riapertura delle sepolture all'interno delia chiesa matrice
in conseguenza della replezione completa e regurgitante dei cadaveri nella
chiesa di Santa Maria di Costantinopoli cimitero dell'abitato, minacciando
ancora una volta di esporre i cadaveri nelle campagne a grave danno della
pubblica salute a causa delle pesfifère esalazioni fatto che portò
all'edificazione del cimitero nell'attuale sito di colle San Martino fu
l'epidemia di colera dell'anno 1854. Le vittime di detto morbo non potettero
essere seppellite in alcuna delle sepolture tradizionali ancora funzionanti.
Fu occupato allora un suolo adiacente alla cappella rurale di San Martino,
per una parte appartenente al cappellano don Sabino Speranza ed Il rimanente
a vari proprietari col tal suolo confinanti. In tale terreno vi vennero
sepolti 80 colerosi. Per detta inumazione fu occupato più suolo
di quanto in realta ne occorresse per la ragione che nel trambusto del
flagello si badava piuttosto alia esecuzione facile e pronta del lavoro
che al risparmio della superficie occupata. Per molto tempo i cadaveri
rimasero esposti in aperta campagna, vicino ad una pubblica strada senza
nemmeno una siepe o ciglione che facessero del sito un luogo riservato
al cenere dalle ingiurie degli animali. Il custode della cappella ed Eremita
Vincenzo Rossi nell'aprile del 1855 inoltra sulla situazione un esposto
in cui denuncia l'indecenza, sollecitando l'lntendente ad intervenire
presso Il Sindaco affinche "provvedesse a recingere almeno quella
parte di terreno che interessava I colerosi, soggetta a ogni ingiuria
degli animali attirati dal lezzo degli umani residui, ridestare il fragello".
Il Decurionato in consessi che vanno dal1856 al1858 espone all'lntendente
diverse considerazioni riguardanti il luogo dove formarsi il Cimitero.
Chiede pertanto all'lntendente I'autorizzazione al cambiamento di sito
perche quello di Aia delle forche non risponde più aile esigenze
della comunità per difficoltà economiche, sanitarie e di
accesso. Considerando anche la questione morale di Santa Maria di Costantinopoli
dove in un'unica fossa venivano sepolti cadaveri di maschi e di femmine.
La consideranto cappella, la casa del custode e una buona strada di acceso,
la spesa secondo la perizia eseguita dal M° muratore Ferdinando Virgilio
dall'agrimensore Giuseppe Massimo con la collaborazione dei deputati alle
OOPP Domenico Germano e Francesco del Balso sarebbe stata nell'ordine
di 395 ducati a cui andavano aggiunti i 30 ducati del costo del terreno.
L’autorizzazione non si fece ulteriormente attendere ed i lavori
furono autorizzati in Amministrazione, I'appalto fu assegnato a Ferdinando
Virgilio da eseguirsi secondo Il progetto dell'ing. Mennella e da completarsi
nel tempo massimo di due anni. Sindaco Domenico Campensa il camposanto
di San Martino fu benedetto Il 29-4-1861.
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